La riduzione dell’alcol nel vino è una pratica consentita per legge, con un limite massimo del 2% di alcol (equivalente al 20% del volume totale) utilizzando due metodi fisici. Il primo metodo è l’osmosi inversa, in cui il vino viene sottoposto a pressioni molto elevate fino a 40 atmosfere e passa attraverso membrane semi-permeabili, permettendo l’estrazione di una miscela di acqua e alcol. Successivamente, l’alcol viene separato per distillazione e l’acqua residua, chiamata “acqua di vegetazione”, deve essere reintegrata nel vino originale per ridurne il tenore alcolico.
Come alternativa, c’è la tecnica dell’evaporazione sottovuoto.
L’alcol etilico ha una temperatura di evaporazione di circa 78 gradi, che è inferiore a quella dell’acqua. Sfruttando il vuoto e riducendo la temperatura di evaporazione, è possibile rimuovere l’alcol senza eliminare l’acqua. Questo metodo è efficace, ma comporta la perdita di molti aromi volatili durante il processo di evaporazione e aspirazione sottovuoto, impoverendo così il profilo aromatico del vino.
Di solito, queste tecniche vengono applicate a una piccola parte del vino, che viene poi riunita con la quantità principale per ridurne il tenore alcolico. Nel caso del vino privo di alcol, invece, l’intero volume di
vino deve essere trattato, con un impatto significativo sia sul profilo aromatico che sulla struttura del vino.
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